Rifqa, il canto di resistenza di Mohammed El Kurd
Rifqa, di Mohammed El Kurd, è un monito a ricordare, oggi, un po’ più di ieri. È un dovere morale di fronte ai soprusi che avvengano a un passo da casa o lontani dai nostri confini.
Allora uniamoci al canto di resistenza di Mohammed El Kurd, leggiamo le sue parole e andiamo oltre. Prendiamoci il tempo, assimiliamo le sensazioni che trasmettono.
Adesso chiudiamo gli occhi e immaginiamo una nonna, Rifqa, più anziana di Israele che, ogni giorno, accoglie il suo nipotino sulla porta di casa con un mazzo di gelsomini.
“Casa”, che bella parola; sa di calore, di famiglia, di un posto sicuro sulla terra in cui affondano le nostre radici.
Poi un giorno, arrivano dei coloni israeliani che rivendicano la terra dei palestinesi, asserendo che appartiene loro per un qualche diritto e allora avviene, perpetrato nel tempo, l’esodo dei Palestinesi (in arabo Nakba).
“- Torneremo appena le cose si calmano –
e lei ha creduto,
indossando la chiave
finché la chiave il collo la memoria
non sono diventati dello stesso colore”
È a Rifqa che è dedicata la raccolta di poesie di Mohammed El Kurd, sua nonna, il gelsomino di Palestina morta senza poter vedere la sua terra libera “ma le prometto che i nipoti non hanno dimenticato. Questa lotta è una rivoluzione per la vittoria. Rifqa ha incarnato tutto questo, fino all’ultimo respiro”.
Rifqa, morta a 103 anni, simbolo della resilienza palestinese.
Una donna che si è mobilitata per una Palestina libera, che ha protestato nelle strade e che non si è fermata nemmeno nelle aule di tribunale.
La storia familiare si mescola a quella più grande, ripercorrendo la nakba del 1948 in cui la nonna abbandono Haifa, fino a quella recente del 2020 quando l’esercito israeliano ha tentato di prendere il quartiere di Sheikh Jarrah in cui vive la sua famiglia.
Un libro che è un inno alle donne, alle madri, alle nonne che non vengono ricordate qui solo come vittime ma come forze di un intero popolo.
Si lascia spazio anche agli uomini, spesso dimenticati, morti per la loro terra, in nome di quelle radici che non possono essere spezzate.
Mohammed El-Kurd è riuscito a rendere umani i soggetti delle sue poesie e a toccare le corde del lettore. Ha dato voce a una parte di mondo che non vive nelle certezze sulle quali, noi, possiamo addormentarci ogni notte. Ha combattuto e combatte in nome del sacrosanto diritto alla libertà.
A distanza di anni, le scene a cui assistiamo, sono la testimonianza di una violenza reiterata nel tempo; oggi come ieri.
Può la speranza continuare a sopravvivere tra i suoni dei fucili?
Sì, non arrugginirà. Così come la chiave appesa al collo di Rifqa e ovunque si leveranno i canti di liberazione e di denuncia.
Un grazie speciale alla Fandango editore e al traduttore Emanuele Bero per aver reso possibile la lettura di questo testo anche nel nostro paese.
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