Dove soffiano i venti selvaggi
Il viaggio di Nick Hunt inizia con una mappa.
Sai la novità, mi direte.
Ma la novità c’è, ed è che si tratta di una mappa che raffigura isotachie e isobare, aree di alta e bassa pressione. Linee colorate che soffiano dal cielo dando vita a storie e leggende.
La forza del vento Nick la conobbe a 6 anni quando fu letteralmente sollevato da terra restandone sorpreso.
Trent’anni dopo, come un moderno Don Chisciotte, alla mercè delle intemperie, tra paesaggi sempre mutevoli, va a caccia di quattro venti selvaggi: l’Helm, Bora, Fohn e Mistral.
Hunt ci accompagna attraverso l’Inghilterra alla ricerca dell’Helm che infuria lungo la dorsale dei Pennini, procede verso la sognante Trieste affacciata sul mare e gli aspri paesaggi del Carso a caccia di Bora, fino a giungere nella valle del Rodano, nella steppa deserta della Crau, dove si sarebbe trovato a tu per tu con il Mistral in un’area completamente esposta senza possibilità di rifugio.
«Lì, più che in qualunque altro posto, si rivelava lo scopo del mio viaggio. Rimasi là abbastanza a lungo da abituarmi al suo rumore nelle orecchie, al suo fresco attrito sulla pelle, finché mi sembrò il modo in cui il mio corpo si era sempre sentito».
Ma i venti sarebbero arrivati o avrebbero disatteso l’incontro?
“Era evidente che seguire i venti significava seguire l’incertezza, lasciarmi guidare dall’ignoto e dalle illazioni, dall’indovinato e dall’immaginato.”
Un reportage che ci porta in terre incontaminate e selvagge, paesini incantati e città nostalgiche. Incontriamo vecchi pastori, marinai, persone che risentono della furia dei loro venti, viandanti, cacciatori di tempeste e altri appassionati di vento.
Scopro che perfino le lingue nazionali non si mettono d’accordo – qua Bora, là Bura, lì Burja – cercando di imprigionare l’imprigionabile dentro confini terreni. E forse non lo sanno che solo le parole possono acchiappare il vento e renderlo vivo sulle pagine scritte. Capaci di ricreare la percezione della natura.
«Più che un suono era una sensazione, una entità senza nome, pura energia, che cancellava ogni confine fra udire e sentire; per la prima volta in vita mia compresi il suono come forza fisica».
Metafora nella metafora, Dove soffiano i venti selvaggi, racchiude il concetto intrinseco di ogni viaggio, la personale ricerca di un incontro, una sensazione, o semplicemente, una risposta.
Come cantava Bob Dylan “The answer, my friend, blowin in the wind”.
In quel vento che scoperchia case ma che allo stesso tempo dona vita e passione.
“Ero venuto per restare solo con il vento, e in assenza di vento ero solo”.
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