Demon Copperhead, un classico moderno
Demon Copperhead è tutte quelle generazioni di bambini orfani di genitori morti di overdose, ingannati da case farmaceutiche dedite solo al profitto.
È tutti quei ragazzi che non sono stati ascoltati, gettati in pasto a sistemi affidatari che non funzionano.
È il libro degli Appalachi, sull’Appalachia, una regione dimenticata e sfruttata fino allo stremo e i cui abitanti sono lasciati ai margini.
La Kingsolver dà voce alle comunità rurali, restituisce loro la dignità senza temere di denunciare un sistema americano che non funziona e di puntare il dito contro la Purdue Pharma per aver approfittato del dolore senza informare la popolazione degli effetti “indesiderati”.
“Ma sono le cose che hai dentro a trascinarti davvero giù. Quell’irrequietezza che hai nelle viscere. Desideri senza speranza che non smettono mai di tormentarti: parole perfette che credi di poter dire a qualcuno per costringerlo a vederti, amarti, restare”.
È questa la vita di Demon Copperhead, un moderno Devid Copperfield nella Lee County, Appalachi, Virginia.
Viene al mondo sul pavimento sudicio della sua casa/roulotte dalla madre diciottenne tossica e già orfano di padre. La sua nascita è il preludio di un cammino ai bordi del dolore, delle perdite e delle dipendenze.
Ce lo narra Demon in prima persona, senza filtri, brutale come i drammi che la vita impone costringendo a soccombere o a sopravvivere.
Demon imparerà a camminare sulle sue gambe fragili, sempre affamato di qualcosa che non sa riconoscere: vittima di un sistema affidatario fallimentare, di adulti incapaci di assolvere al loro compito.
A scaldare i giorni senza sole ci saranno i suoi disegni, il sogno di vedere l’oceano, un periodo di gloria nella squadra di football più importante del paese.
Ma un infortunio al ginocchio rompe le sue speranze, lo costringe all’assunzione di medicine contenenti l’ossicodone: è l’inizio di una rapida discesa nel baratro della dipendenza e di una lenta scalata verso la sopravvivenza.
Demon arranca, sprofonda; e con lui si frantumano le vite della dolce e bella Emmy, dell’infelice Fast Forward, del fragile Maggot. Quattro ragazzi smarriti che cercano di raggiungere l’oceano senza nemmeno averci provato davvero.
“In molti avevano fatto del loro meglio con noi, ma noi venivamo da madri troppo affamate. Quattro demoni generati da quattro diversi cuori affamati”.
Salvarsi è solo una scelta e risiede nella speranza che, nonostante tutto, alberga in Demon. Frutto della bontà di altri essere umani, quelli che stanno dalla parte giusta della storia, quelli capaci di vedere e tendere la mano: gli eroi di ogni giorno.
Grazie zia June, Mr e Ms Peggot, Mrs Annie. Grazie Dori (troppo fragile in un mondo miserabile), grazie Angus e grazie soprattutto a te, caro Demon, bambino affamato solo d’amore.
“Parlammo per tutto il viaggio attraverso la Shenandoah Valley. […] Guidavo con la sinistra, il braccio destro appoggiato sullo schienale del suo sedile e con il pollice le accarezzavo i capellini corti sulla nuca. […] Ecco dove siamo. Superata da un pezzo l’uscita di Christianburg. Oltre Richmond, e ancora diretti a est. Verso l’unica cosa enorme che so per certo non mi inghiottirà vivo”.
Questo romanzo è un capolavoro. Un classico dell’era moderna che avrà qualcosa da dire anche dopo e che non potete non leggere. Ho voluto bene a Demon Copperhead per il coraggio di vivere una vita che lo ha preso a pugni in faccia, per aver permesso che l’amore lo travolgesse e che l’oceano lo curasse.
“Vuoi pensare che non sia finita fino all’ultima pagina”.
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